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NP – Filef Australia
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Nuovo Paese Nuovo Paese 2021

Nuovo Paese aprile/April 2021

NP aprile/April 2021

Editorial

Limited humanity

In business, a Limited (Ltd) company structure reduces individual liabilities.
For company owners it limits the responsibility without limiting their scope for beneficial profit and tax arrangements, unlike sole traders who own debts and assets.
It is difficult to avoid a sense that the Morrison Government is too tainted with this convenient, if not so conscientious, business model in administering welfare.
 Major decisions of the Federal Government question the caring commitment that’s been the leitmotif during this pandemic. It has permitted companies to keep hundreds of millions of dollars of jobkeeper subsidies, which it turns out they didn’t need as their profits were not at all dented by COVID-19.
The Government showed none of that largesse to the unemployed who are now back on their pre-pandemic rate with a miserly increase of $25 a week.
The absurdity of those decisions is that while low-income earners have no choice but to spend their money, the well off, have more scope to save. It’s the flow up not the trickle down effect that sustains the economy.
As the American author Studs Terkel famously said of the upper class ‘the only think that trickles down is meanness”.
Another sign of the limited humanity, and that we are NOT in this together, is the Federal Government’s refusal to support patent waivers of pandemic vaccines for poor countries.
India and South Africa have proposed that the World Trade Organization temporarily suspend COVID-19 vaccine and other medical patents to speed up technology transfers to manufacturers with spare production capacity.
The majority of vaccines were developed with public funding particularly in the US, the European Union and Britain.
Their production and availability to those that cannot afford them should be guaranteed, as all humanity will benefit; that is if we are all in this together.

Editoriale

Umanità limitata

Negli affari, una struttura aziendale a responsabilità limitata (Ltd) riduce le responsabilità individuali.
Per i proprietari di queste società si limita la responsabilità senza limitare la possibilità di profitti vantaggiosi e accordi fiscali, mentre le imprese individuali hanno debiti e beni.
Non si può ignorare la sensazione che il governo Morrison sia troppo contaminato da questo modello di business conveniente, se non così coscienzioso, nell’amministrazione del welfare.
Le principali decisioni del governo federale gettano ombre sul cosiddetto “impegno premuroso” che è stato un leitmotiv durante questa pandemia.
Ha permesso alle aziende di mantenere centinaia di milioni di dollari di sussidi per i lavoratori, per poi scoprire che queste non ne avevano bisogno, poiché i loro profitti non erano stati per nulla intaccati dal COVID-19.
Il governo non ha mostrato nulla di quella generosità verso i disoccupati che ora sono tornati al loro tasso di pre-pandemia con un misero aumento di $25 a settimana.
L’assurdità di queste decisioni è che mentre i lavoratori a basso reddito non possono che spendere i loro soldi, i ricchi hanno maggiori possibilità di risparmiare.
È il flusso verso l’alto, non l’effetto di ricaduta che sostiene l’economia.
Come ha detto l’autore americano Studs Terkel a proposito della classe alta: “l’unico pensiero che scorre verso il basso è la meschinità”.
Un altro segno dell’umanità limitata, e del fatto che NON siamo tutti nella stessa barca, è il rifiuto del governo federale di sostenere la rinuncia ai brevetti dei vaccini pandemici per i paesi poveri.
L’India e il Sud Africa hanno proposto che l’Organizzazione mondiale del commercio sospenda temporaneamente il vaccino COVID-19 e altri brevetti medici per accelerare i trasferimenti di tecnologia ai produttori con capacità di produzione di riserva.
La maggior parte dei vaccini è stata sviluppata con finanziamenti pubblici in particolare negli Stati Uniti, nell’Unione Europea e in Gran Bretagna.
La loro produzione e la disponibilità per coloro che non possono permettersele dovrebbero essere garantite, poiché tutta l’umanità ne trarrebbe vantaggio; sarebbe così se fossimo tutti nella stessa barca.

 

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NP giugno 2020

NP giugno/june 2020

La paura non può essere base per l’autorità/Fear is no basis for authority

Editoriale

La paura non può essere base per l’autorità

La paura umana è un meccanismo protettivo che reagisce con la lotta o con la fuga se percepisce una minaccia.
L’attuale minaccia pandemica ha presentato molteplici sfide complesse e ha messo in luce alcune profonde carenze sociali ed economiche, non ultima l’inadeguatezza dei servizi e delle attrezzature sanitarie.
Tuttavia, poiché di questo si è già discusso e trattato, una volta che lo spettro di questo virus sarà passato, potrà valere la pena analizzare l’uso che è stato fatto della paura e il suo impatto individuale e collettivo.
Sembra che molti, se non tutti i leader governativi del mondo siano stati lenti non solo nella risposta, ma anche e persino più lenti nell’informare la loro gente sul virus.
Non sono stati così lenti nell’applicazione rigorosa della legge e nell’emanazione di provvedimenti per fronteggiare quella che sostanzialmente era una questione di salute pubblica.
Non si può negare che alcuni provvedimenti punitivi si siano resi necessari contro chi ha consapevolmente favorito l’infezione.
Occorre tuttavia prestare maggiore attenzione e sensibilità quando i governi privano le persone delle libertà fondamentali, anche quando si sostiene che questo venga fatto in nome del bene pubblico.
Le persone stanno tollerando nuove forme di sorveglianza, che si sommano alle molte invasioni, spesso autorizzate a far parte della vita commerciale. Si pensi ad esempio alla raccolta e il monitoraggio delle transazioni dei consumatori.
In Australia la polizia ha fatto irruzione negli uffici dei media e nelle residenze dei giornalisti senza che ci siano state condanne, il che lascia aperta la possibilità che si sia trattato di mere intimidazioni.
Le banche, le cui prassi a dir poco scandalose sono già state rivelate durante la recente Hayne Royal Commission, stanno oggi valutando l’utilizzo di sistemi di sorveglianza con intelligenza artificiale al fine di monitorare il comportamento (non solo le prestazioni) dei loro dipendenti, per affrontare i problemi “culturali” che hanno causato scandali.
Pericoli come COVID-19 e altri eventi che possono provocare terrori sociale, non devono essere usati per aumentare l’inquietudine della comunità al punto che la paura umana diventi paura degli umani.
I governi non devono usare la paura come base della loro autorità, che deve sempre venire dal popolo.
Altrimenti si va verso l’autoritarismo.

Editorial

Fear is no basis for authority

Human fear is a protective mechanism that activates the fight-or-flight responses to perceived threats to survival.The current pandemic threat has presented many complex challenges and exposed some profound social and economic shortcomings, not the least in adequate health services and equipment. However, as these are discussed and dealt with once the spectre of this virus is over it may be worth examining the use of fear and its individual and collective impact.

It seems that many if not most government leaders around the world were slow to respond and even slower in taking their people into their confidence with information about the virus.  They were not as slow in the rigorous application of law and order measures to what was substantially a matter of public health.  There’s no denying that punishment was needed for those who knowingly threatened the infection of others.  However, greater care and sensitivity needs to be exercised when governments deprive people of basic liberties, even when it is argued that it is for the public good.
People have tolerated new forms of surveillance that have added to the many encroachments that have been allowed to become part of commercial life such as the harvesting and monitoring of consumers’ transactions.  In Australia police have raided media offices and journalists’ residences without any charges that leaves open the conclusion that they were meant to intimidate.  Banks, whose scandalous practices were exposed during the recent Hayne Royal Commission into financial services, are considering Artificial Intelligence surveillance systems to monitor employee behaviour (not just performance), to deal with ‘cultural’ issues they claim caused the scandals.
Threats like COVID-19 or any other provocative community threat must not be used to heighten community anxiety to the point that human fear becomes a fear of humans.  Governments must not use fear as the basis of their authority, which always must come from the people.
To do otherwise is a descent into authoritarianism.
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Nuovo Paese April 2020

Editoriale

Paura e generosità fiscale      

Nel timore delle minacce recessive a causa del COVID-19, i governi – soprattutto quelli occidentali – hanno risposto creando sanatorie fiscali.
Non sono stati capaci di fronteggiare le problematiche di salute pubblica per carenza di attrezzature e strutture mediche, di ricerche sulla cura o sul controllo del virus e di campagne di sicurezza basate sulla conoscenza del problema.
Poi c’è l’inspiegabile leggerezza di aver consentito fino a poco tempo fa l’arrivo dei viaggiatori stranieri senza sottoporli a test o isolamento, per evitare la diffusione dell’infezione importata.
È inspiegabile perché la prima risposta del governo federale agli arrivi agli inizi di febbraio, quando il coronavirus era già un fenomeno conosciuto in tutto il mondo, è stata quella di mettere la gente in quarantena a Chistmas Island.
Ciò che continua a diffondersi sono la paura e una generosità fiscale, che non ha precedenti nei tempi moderni, e che forse supera quella delle risposte economiche keynesiane alla grande depressione e alla seconda guerra mondiale.
La grande differenza è che a livello globale l’attuale malessere economico è da indentificarsi con l’abbondanza, non con la scarsità, e include il capitale inattivo le cui origini e finalità meritano un’analisi più approfondita.
È risaputo che l’Australia, come altre economie mature, stava già affrontando una recessione e che COVID-19 l’abbia portata alla luce nel modo più drammatico.
Spalare denaro da quello che alla fine diventerà un debito ingestibile non è sufficiente, a meno che tale denaro non venga speso in programmi e progetti trasformativi e duraturi che affrontino le disuguaglianze e offrano soluzioni al malessere ambientale e sociale.
Non può essere usato solo per tenere a galla sistemi economici in avaria, con un benessere gonfio ma privo di qualsiasi contesto politico e di diritti umani, che rischia di creare un alibi per l’inevitabile discesa nella povertà diffusa.
Per discutere in maniera responsabile di questa generosità si potrebbe cominciare chiedendo al Parlamento federale di annullare gli enormi tagli fiscali previsti per le alte fasce di reddito previsti per il 2024-25.

Editorial

           Fear and fiscal largesse

In fear of the recessionary threats from COVID-19 governments – Western mainly – responded by creating fiscal sanatoriums.
They were less adept in dealing with public health aspects with shortcomings in medical equipment and facilities, research into curing or controlling the virus and knowledge based safety campaigns.
Then there are the inexplicable blunders of allowing until recently the disembarkment of incoming overseas travellers without testing and isolation to avoid spread of the still imported infection.
It’s inexplicable because the Federal Government’s first response to arrivals in early February when the coronavirus – as the pandemic was then known – came to world attention, was to quarantine people on Christmas Island.
What continue to spread are fear and a fiscal largesse that is unprecedented in modern times and perhaps surpasses that of Keynesian economic responses to the great Depression and post WWII.
The big difference is that globally the current economic malaise is framed by abundance, not scarcity, and that includes idle capital whose origin and purpose deserve better analysis.
It is generally recognised that Australia, like other mature economies, was facing a recession and that COVID-19 has brought this home in the most dramatic way.
Shovelling money from what will eventually become unmanageable debt is not sufficient unless it’s spent on transformative and lasting programs and projects that tackle inequity and offer solutions to environmental and social malaise.
It cannot be used just to keep afloat failing economic systems with a bloated welfare devoid of any political and human rights context that risks creating an alibi for the inevitable descent into widespread pauperism.
A good start in arguing for better accountability of this largesse is to call on the Federal Parliament to rescind the massive tax cuts for high income earners legislated for 2024-25.
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Nuovo Paese gen/feb 2020

Nuovo Paese gen/feb 2020

 

Editorial

Public expenditure for freedoms

The world is experiencing possibly the greatest concentration of capital ever.
However, this wealth, and its locked potential, is progressively in private hands.
They are hands that do not have any responsibility towards meeting major public needs or for avoiding the climate change catastrophe.
Not even well intentioned business corporations or individual philanthropists, beneficiaries of historical human endeavour and labours, will ever confront community problems and elaborate and implement just solutions.
Their brief is to make money for owners of money.
Only the public, through governments and through various collective forms, has the inherent capacity to deal with and overcome social and environmental threats and offer prospects for civic and peaceful communities.
Collective action and public funds have always provided the social and physical infrastructures that underpin civil societies such as the rule of law, health and education and physical infrastructures such as transport facilities and communication.
It will also be public pressure for public measures that will ensure basic freedoms, poetically put by Franklin D. Roosevelt to Congress on January 6, 1941 as freedom from want, freedom from fear, freedom of speech and expression and freedom of worship.
The ongoing general global economic malaise, which is not a symptom but systemic, cannot be overcome without the introduction of principles of sustainability at all levels of human activity, including business and economic practices.
Therefore it is not sufficient to just pump money into economies as central banks around the world are doing, and as was done to stave off collapse from the 2007/08 global financial crisis.
It will also be insufficient and misguided to fund infrastructure projects that generate economic activity (labour demand and consumption) but do not respect principles of sustainability and equity.
Public infrastructure spending must be transformative expenditure towards durable, freer and fairer communities that have the capacity to look after the planet.

 Editoriale

La spesa pubblica per le libertà

Il mondo sta probabilmente vivendo la più grande concentrazione di capitale di sempre.
Questa ricchezza e il suo potenziale restano bloccati in poche mani private.
Non sono mani responsabili verso le esigenze pubbliche più importanti, e neppure nell’evitare la catastrofe dei cambiamenti climatici.
Nemmeno le società di business ben intenzionate o i singoli filantropi, da sempre beneficiari di sforzi e lavori umani, dovranno mai affrontare i problemi della comunità ed elaborare e attuare soluzioni giuste.
La loro funzione è principalmente quella di fare soldi per chi già li ha.
Solo il pubblico, attraverso i governi e varie forme collettive, ha la capacità intrinseca di affrontare e superare le minacce sociali e ambientali, oltre ad offrire prospettive per comunità civili e pacifiche.
L’azione collettiva e i fondi pubblici hanno sempre fornito le essenziali infrastrutture sociali e fisiche alla base delle società civili: lo stato di diritto, i servizi e i mezzi di trasporto e di comunicazione.
Sarà anche la pressione pubblica che garantirà le libertà di base, poeticamente espressa da Franklin D. Roosevelt al Congresso, il 6 gennaio 1941 come: Libertà dal bisogno, Libertà dalla paura, Libertà di parola ed espressione e Libertà di culto.
L’attuale generale malessere economico globale, non sintomatico ma sistemico, non può essere superato senza l’introduzione dei principi di sostenibilità a tutti i livelli dell’attività umana, comprese le pratiche economiche e commerciali.
Non basta immettere denaro nelle economie come fanno oggi le banche centrali di tutto il mondo, e come è stato già fatto per evitare il collasso della crisi finanziaria globale del 2007/08.
Sarà inoltre insufficiente, oltre che sbagliato finanziare progetti infrastrutturali che generano attività economica (aumentando la domanda di lavoro e i consumi) senza rispettare i principi di sostenibilità ed equità.
Le spese per le infrastrutture pubbliche devono essere spese trasformative per comunità durature, più libere ed eque, che hanno la capacità di prendersi cura del pianeta.
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Nuovo Paese Maggio/May 2019

NUOVO PAESE  MAGGIO/MAY 2019

Eleggere i migliori gestori dell’economia?

|  editoriale  |

L’immagine popolare contemporanea fortemente promossa è che sono i governi a gestire l’economia.
Tuttavia, ultimamente i governi hanno rinunciato ad esercitare un controllo, un’autorità e una direzione economica significativa privilegiando invece politiche di privatizzazione di imprese pubbliche strategiche e redditizie (ad esempio Telstra, la Commonwealth Bank, le utility elettriche), liberalizzando contemporaneamente il controllo normativo su pratiche economiche vitali.
In Australia, i risultati dell’abdicazione della responsabilità economica del governo a favore del settore privato, hanno portato, tra l’altro, a pratiche bancarie corrotte, aumenti dei prezzi dell’elettricità, abusi sugli anziani e a un continuo aumento del costo della vita mentre le retribuzioni rimangono stagnanti.
Un importante ruolo economico attuale del governo è quello di sostenere un sistema economico (globale) che sta andando verso il collasso, come testimoniano numerosi e cupi resoconti e proiezioni di organismi globali come il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale e l’Organizzazione per lo Sviluppo Economico e Culturale (OCSE).
Può sembrare un lontano ricordo, ma la lezione più illuminante della crisi finanziaria globale del 2007/08 è stata che il denaro pubblico venne utilizzato per scongiurare il caos nel mercato del capitale privato. In linea con ciò, la “leva” economica che era concessa ai governi, e lo è tuttora  – e in alcuni casi viene pure sollecitata – è quella della spesa per le infrastrutture.
Tuttavia, questa spesa non può servire solo a fornire canali di investimento sicuri per il capitale intimidito da un mercato rischioso, speculativo e manipolativo. La spesa pubblica sulle infrastrutture deve servire, infatti, l’interesse generale. Il denaro dei contribuenti deve essere speso per alleviare i problemi sociali, garantire i diritti di base e introdurre pratiche economiche e ambientali sostenibili.
Nelle prossime elezioni la Coalizione liberal-nazionale che sostiene Scott Morrison pretende di presentarsi come miglior manager economico. Ma questa pretesa è profondamente fallace perché continua scommettere sulla superiorità dell’economia di mercato. Questa mal riposta fiducia nell’economia di mercato non è stata messa in evidenza dal partito Laburista le cui politiche, sebbene non direttamente critiche nei confronti dell’economia di mercato, prestano maggiore attenzione ad affrontarne i fallimenti.

Electing the better economic managers? 

|  editorial |

The popular contemporary image strongly promoted is that governments manage the economy.
However, in recent times governments have given up significant economic control, authority and direction with policies to privatise strategic and profitable public enterprises (eg. Telstra, Commonwealth Bank, electricity utilities), whilst liberalising regulatory control over vital economic practices.
The results in Australia of deferring government economic responsibility to the private sector, have included corrupt banking practices, electricity price rip offs, abuses in aged care and rising living costs while wages remained relatively stagnant.
A key current government economic role is that of propping up an economic (global) system which is floundering, as testified by numerous gloomy reports and projections by international  think tanks such as the IMF, World Bank and the OECD. It seems a distant memory but the most illuminating lesson of the 207/08 Global Financial Crisis was the spending of public money to fix private capital’s market mess. In keeping with that, the economic ‘lever’ that was, and is being, conceded to governments, in some cases urged, is that of infrastructure spending. However, this spending must not just serve to provide safe investment vehicles for capital that is shy of a speculative and manipulative risky market. Public spending in infrastructure must serve public interests. Taxpayer money must alleviate social problems, guarantee basic rights and usher in sustainable economic and environmental practices.
In the forthcoming election the Liberal Coalition’s claim to be better economic managers is deeply flawed because it continues a misplaced trust in market economics. This hasn’t been highlighted by Labor whose policies, although not directly critical of market economics, pay greater attention to dealing with its failings.
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Nuovo Paese Nuovopaese 2017

Nuovo Paese Dicembre 2017

 

 

 

EDITORIAL
La sfida: uguaglianza e ambiente
Quando entriamo alla fine di un altro problema, è opportuno sottolineare che il blocco per affrontare il problema non è il denaro, la produttività o la tecnologia. In tutte queste risorse l’umanità non è mai stata collettivamente in una posizione migliore. Una differenza dall’altro punto della crisi socio-economica dei tempi moderni – la grande Depressione – la crisi odierna è inquadrata dall’abbondanza e non dalla scarsità. Probabilmente le due grandi sfide per la vita e la conservazione del Pianeta come un habitat permanente per la vita e la riduzione della disuguaglianza economica crescente e diffusa. Le prove che circondano queste due abbondano. Non devi mai essere considerato un problema,  l’ambiente e la Terra, sono pericolosamente inquinati a causa delle attività umane e devono essere ripuliti. Come farlo, è ostacolato quando la vita è diventata una questione di organizzazione senza profitto. L’espressione del potere e dell’influenza globale – soldi e militari – a volte confina con l’illegalità, mentre i governi nazionali sono seguiti dalla preoccupazione in questione economiche. In questi tempi pessimisti ci prendiamo cura delle citazioni dalla Information Clearing House che pubblichiamo sulla pagina a sinistra, sulla natura della governance contemporanea e su cosa ci suggeriscono.
Infine, auguriamo a tutti i nostri lettori per la stagione festiva e per un 2018 di successo e soddisfazioni, progresso e pace per tutti.

The challenge: equality and environment 

As we come to the end of another troubled year it is opportune to stress that the block to dealing with global challenges isn’t money, productivity or technology.  In all of those resources humanity collectively has never been better placed. 

Unlike the other socio-economic crisis point of modern times – the great Depression (correctly given the status of a proper noun) – today’s crisis is framed by abundance not scarcity.

Arguably the two biggest global and human challenges are repair and retention of the Planet as an ongoing habitat for life and reducing increasing and widespread economic inequality.

Evidence surrounding those two abounds. You do not even have to be convinced of the magnitude of global warming to realize that the Earth’s water, soil and air are dangerously polluted due to human activities and need cleaning up.

How to do so is hampered when global consciousness is at an all time low with the United Nations almost reduced to the status of a not for profit organization.

The expression of global power and influence – money and military – sometimes borders on the lawlessness, while national governments have followed the trend of outlawing themselves as decision makers in key economic matters.

In these pessimistic times we take heart from quotes from the Information Clearing House we publish on the page on the left about the nature of contemporary governance and what they suggest about us.

Finally, we wish all our readers well for the festive season and for a 2018 of successes and satisfactions as we struggle for progress and peace for all.

NP dic. 17

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Nuovo Paese Nuovopaese 2017

Nuovo Paese numero di novembre 2017

 

NP nov. 17
L’identità e le paure dei benestanti
Se esiste un senso di assedio fra i cittadini che vivono nel mondo occidentale, non è  dovuto ad invasioni in corso o al fatto che gli immigrati o i musulmani siano forti e potenti.
Nel considerare le cause di queste ansie che si diffondono, spesso fomentate da governi ansiosi di presentarsi come tutori dei loro cittadini,  sarebbe utile riflettere sull’insicurezza e le incertezze che rendono le persone suscettibili a paure poco fondate.
Gli immigrati vengono spesso accusati di non volersi integrare o addirittura di voler cambiare il nostro modo di vivere. A me sembra che un’attrazione potente per queste persone, spinte dalla necessità e dalla voglia di vivere in società prive di guerre e di instabilità, sia lo stato di benessere e lo stile di vita occidentali, che sono stati sempre presentati come un modello a cui aspirare.
In realtà, si tratta di un modello creato con grandi costi sociali e ambientali, che oggi non regge più neanche in Occidente, dove le sue lacune e debolezze sono sempre più evidenti.
I segni contradditori di questa problematica sono molti, per esempio il fatto che ormai gli immigrati – regolari o irregolari – svolgono un ruolo strategico e sono ben accetti in settori caratterizzati da lavori umili e poco pagati.
Ma una parte di questa insicurezza riguarda la questione dell’identità, sia a livello individuale che nazionale, all’interno delle varie culture occidentali, un’insicurezza però che non ha  a che fare con gli ultimi arrivati, ma con i grandi e aggressivi cambiamenti in atto a livello globale.
Negli ultimi decenni, una larga fetta della democrazia parlamentare è stata trasferita ai privati che dispongono dei capitali per decidere nel concreto le sorti dei vari paesi, la loro sicurezza economica e sociale. In questo processo va ricercata l’origine del senso di impotenza (powerlessness) che pervade le persone, e non tanto nel trauma generato dalla presenza di poveri e di profughi.
Se oggi l’italiano si sente meno italiano, può darsi che non sia estraneo a questa sensazione il fatto che la FIAT non è più italiana. Lo stesso effetto può aver avuto sugli australiani l’abbandono della GM-Holden.
Identity and fears of the well off
If there is a sense of siege among the citizens in the well off West, it is not due to invasions or that immigrants or Muslims are strong and powerful.
In considering the causes of anxieties, often fomented by governments keen to present themselves as guardians, it may be useful to reflect on insecurities and uncertainties that make people susceptible to unfounded fears.
Immigrants are often accused of not wanting to integrate or of wanting to change our way of life. It seems that a powerful attraction to a Western lifestyle is the need and desire to live in peaceful and stable societies whose affluence has become a model to aspire.
The fact is that this is model has been created at a great social and environmental cost that is no longer sustainable.
The contradictory relationship to migrants and refugees is evident. For example, immigrants – legal or illegal – play a strategic role and are well accepted in menial and poorly paid jobs.
Part of Western insecurity concerns the issue of identity, individually and nationally, and has little to do with recent arrivals but a lot to do with major and aggressive global changes.
Over the last few decades a broad slice of parliamentary democracy has been transferred to the private sector that today can even determine the destiny of countries and their economic and social security. The sense of powerlessness is to be found in these processes and not in the trauma generated by the presence of the poor and refugees.
If today Italians feel less Italian, it may not be unrelated to the fact that FIAT is no longer Italian, the same way that GM’s abandonment of Holden may have affected Australian identity.

 

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Nuovo Paese Ottobre/October 2017

EDITORIALE

Il vero pericolo per la pace

Siamo in un periodo in cui il discorso ufficiale dei potenti sulla pace e sulla guerra viene accettato come una fedele rappresentazione della realtà.
Mentre vengono considerate fuori dalla realtà le persone che non accettanto nozioni come guerre e bombe umanitarie e discorsi che individuano nella Corea del Nord, che ha surclassato i jihadisti, il pericolo principale per la pace.
Prevale in questo discorso il concetto che sotto assedio non sono i milioni di persone nel modo che vivono quotidianamente male, se non addirittura in pericolo, ma i paesi che hanno goduto il massimo beneficio dell’industrializzazione e dello sviluppo umano.
Ma il pericolo per l’Occidente non viene dalla Corea del Nord e dalla sua disponibilità di armi nucleari, ma dalla insostenibilità del suo sistema economico e sociale e dal suo impatto sulla natura.
Sarebbe giusto e onesto chiedere alla Corea del Nord il disarmo se il richiedente si disarmasse contestualmente anch’esso.
Ricordo che ad oggi le bombe atomiche sulla popolazione le ha gettate la liberalissima America  e non la totalitaria Corea del Nord.
Riconosco le difficoltà di autolimitarsi quando si è superpotenti come sono gli USA, e in un clima dove il rispetto per la legge internazionale viene meno.
Ma se la scena internazionale è ridotta a un Far West dove il prepotente con le armi più letali fa quello che gli pare, Il vero pericolo per la pace, la libertà e la sovranità dei popoli, finché la Corea del Nord non attacca un altro paese, sono gli Stati Uniti d’America.

EDITORIAL

The real danger to peace

At the moment the official talk of the powerful on peace and war is accepted as a faithful representation of reality.
Instead, considered out of touch are those who do not accept notions of humanitarian wars and bombings or that North Korea has now overtaken the jihadists as the danger to peace.
The inference in this belief is that under siege are not the millions of people who daily live badly, if not in danger, but countries that have benefited the most from industrialization and human development.
But, the danger for the West comes from its unsustainable economic and social systems and their impact on nature and not from North Korea’s nuclear weapons.
It would be fair and honest to ask North Korea to disarm if the powerful also disarmed.
To date only the self-proclaimed key representative of the free world, America, and not totalitarian North Korea, has dropped atomic bombs on populations.
There are difficulties for superpowers like the USA to exercise self-restraint, particularly in a climate where respect for international law is diminished.
If the international scene is reduced to resemble the Far West, where the bully with the most lethal weapons prevails, the real danger to peace, freedom and sovereignty of peoples, as long as North Korea does not attack another country, is the United States of America.

NP ott. 17

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Nuovo Paese Agosto/August 2017

EDITORIALE

La vera guerra globale

Nella sua relazione del 18 luglio scorso, il primo ministro australiano Malcolm Turnbull, mentre annunciava e giustificava la creazione di un superministero dell’Interno per la lotta al terrorismo, ha rivelato un dato interessante sulla riunione del G20 del 7-8 luglio ad Amburgo. In quell’incontro, per i rappresentanti dei paesi più industrializzati, la questione terrorismo ha messo in ombra le solite discussioni sui temi economici.
La cosa non sorprende, è solo il sintomo dell’assenza della capacità/volontà da parte dei governi di intervenire sull’altra guerra non dichiarata, quella fra paesi “amici” per conquistare i mercati  e scaricare sugli altri i costi sociali e ambientali di un’economia globale che procede incurante delle crescenti diseguaglianze, rese ancora più profonde dallo smantellamento e dalla svendita delle imprese di stato e delle strutture pubbliche.
Tutti vogliono aumentare la propria produttività e vendere i loro prodotti agli altri. I paesi di vecchia industrializzazione sono assediati dai cosidetti paesi emergenti e si presentano come vittime, pur avendo usufruito per secoli, e continuando ad usufruire, dello sfruttamento dei paesi più deboli.
La guerra contro il terrorismo sarà utile fino a un certo punto per evitare di affrontare le conseguenze della guerra spietata per il mercato globale , che in fondo è alle base delle attuali problematiche sociali, economiche e ambientali.

EDITORIAL

The real global war

In announcing and justifying on 18 July the creation of a super-ministry of Home Affairs to fight terrorism, Australian Prime Minister Malcolm Turnbull revealed an interesting piece of information on the G20 meeting of 7-8 July in Hamburg. He said that at the meeting of representatives of the most industrialized countries the terrorism issue overshadowed the usual discussions on economic issues. This is not surprising and demonstrates the lack of governments’ ability and willingness to intervene on the other undeclared war – the one between “friends”. Each of those countries is out to win in trade wars that offload on others the social and environmental costs of a global economy careless of the growing inequalities, made even deeper by the dismantling and sale of state-owned enterprises and public facilities. Everyone wants to increase their productivity and sell their products to others. Established industrialised countries are besieged by the so-called emerging economies and consider themselves victims, even though they have benefited for centuries, and continue to benefit, from the exploitation of, what was once referred to as, the Third World. The war on terrorism will have limited use in avoiding tackling the consequences of the ruthless war for global markets, which is at the core of current social, economic and environmental issues.

NP lagosto 17

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Nuovo Paese – Numero di luglio 2017

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NP luglio 17

L’EDITORIALE DI LUGLIO

Dopo l’alternanza, l’alternativa

Sembra che in Occidente si stia per esaurire la democrazia parlamentare forgiata dall’età industriale, che si dimostra sempre più incapace di gestire le politiche sociali ed economiche e di affrontare il problema dell’inquinamento, che è una parte del costo dell’industrializzazione ancora da
pagare.
Bisogna ricordare che l’età industriale è stata segnata da un lungo boom economico, nonostante le frequenti
oscillazioni, sostenuto dai proventi del colonialismo, dalla ricostruzione dopo due guerre mondiali, dall’impulso
consumistico. Tale boom era reso possibile dallo sfruttamento della classe operaia che, con le sue finora
corpose organizzazioni, era riuscita a moderare gli aspetti più brutali del capitale.
Oggi esiste una sindrome comune tra i governi occidentali, cioè l’incapacità di affrontare le difficoltà oggettive
della gente attraverso il rispetto dei diritti previsti dalle varie convenzioni internazionali e dalle Costituzioni più attrezzate e sensibili, come i diritti al cibo, all’acqua, alla casa e al lavoro, tanto per citare i più basilari.
Paradossalmente, il raggiungimento dell’apice della ricchezza, della produttività e della tecnologia, coincide,
anche nei paesi ricchi, con il ritorno a livelli di povertà, miseria e abbandono che sembravano estinti.
Le risposte che venivano dalle dinamiche parlamentari fra forze diverse collocate al governo o all’opposizione
non sembrano convincere gli elettori, che percepiscono sempre meno differenze fra le varie forze politiche
convenzionali . Perde fascino l’alternanza al governo fra partiti convenzionali o coalizioni di partiti, prende quota
la richiesta di alternativa, che si tratti di un Trump o di un Corbyn.
Le alternative sono possibili, ma non passano attraverso i sistemi distruttivi imposti dal capitale, che sta
trasformando i rapporti sociali ed economici, ma attraverso investimenti su progetti e servizi infrastrutturali legati ai diritti e ai bisogni della gente, e non all’esigenza del capitale di trovare occasioni di investimento sicure.

After alternating, the alternative

It seems that the effectiveness of Western parliamentary democracy, forged from the
industrial age, is waning as shown by its inability to manage social and economic
policies and addressing environmental pollution whose cost industrialization still
has to pay.
It must be remembered that the industrial age was marked by a long economic boom,
despite the frequent oscillations, supported by colonial income, the reconstruction after
two world wars, consumer demand and the exploitation of workers who through their organizations so far, had managed to moderate some of capital’s brutal aspects.
The common thread among Western governments is their failure to address people’s objective difficulties and ensure rights agreed in international conventions and in the better and fairer Constitutions, such as rights to food, water, home and work, to name the most basic.
Paradoxically, despite achieving increasing wealth, productivity, and technology even rich countries are seeing a return to a poverty, misery and abandonment that seemed to have been extinguished.
Responses from oppositional parliamentary dynamics do not seem to persuade voters, who perceive less and less differences between the various conventional political forces and instead of alternating between
conventional parties or party coalitions, are increasingly attracted to alternatives, whether they be a Trump or a Corbyn.
Alternatives are possible, but not those imposed by capital’s disruptive measures that are transforming social and economic relations. The current push is for infrastructure spending but it must be on projects and services related to people’s rights and needs, and not to capital’s need for safe and guaranteed investment opportunities.

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Nuovopaese 2017

Nuovo Paese – Numero di aprile 2017

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NP aprile 17

L’EDITORIALE DI APRILE

Terrorismo omicida

Qualsiasi uccisione di esseri umani da parte di altri esseri umani è un abominevole atto di terrore.
Tuttavia, abbiamo creato una cultura globale sul terrore che è pericolosamente divaricata.
Per esempio, una persona che usa un’automobile e un coltello per uccidere quattro altre persone, ed è quindi a sua
volta uccisa, porta l’attenzione del mondo intero sulla grande Londra, e al blocco della città.
Allo stesso tempo, migliaia di bombardamenti, che uccidono grazie ai mezzi tecnologicamente avanzati di cui dispongono i paesi coinvolti, passano largamente inosservati e suscitano ben poca emozione.
Perché un attentatore solitario, forse affetto da problemi psichici, suscita una paura così profonda e diffusa da
scuotere momentaneamente la routine e il comfort della vita nel mondo occidentale?
Ma sopratutto, perché questa esperienza non sembra porti ad un senso di empatia verso le persone che subiscono, o
fuggono da, situazioni di morte e di distruzione organizzata?
Viceversa, si rafforzano i confini, economici e politici, sull’onda di un aumento dell’intolleranza, mentre in
paesi lontani l’aggressione è il solo mezzo utilizzato per la risoluzione dei conflitti, spesso in spregio alle leggi
internazionali.
La politica interna dei capi di governo in Occidente è tutta concentrata sui temi della sicurezza pubblica, mentre la sfida storica più grande che si trovano a fronteggiare è in realtà quella sull’insicurezza economica, se non la miseria, che colpisce un numero crescente di cittadini.
Davanti agli attacchi terroristici, i capi di governo promettono di mantenere la democrazia, che sta mostrando segni di debolezza, e di proteggere lo stile di vita occidentale che, stranamente però, più che dal terrorismo, è minacciato dalla sua intrinseca insostenibilità economica e ambientale.

Terror killings

Any and every killing of humans by humans is an abhorrent act of terror.
However, we have created a global culture about killing that is dangerously detached.
For example, a person using a car and knife to kill four others, and lead to his
shooting, brings great London to the world’s attention, and to a halt.
Meanwhile, thousands of bombing missions, the killing favoured by technologically advanced governments, go
largely unanalysed and unfelt.
How is it that a lone and most likely deranged person strikes such profound and widespread fear that momentarily
shocks the comfort of routine Western life?
And yet this experience does not appear to provide a basis for empathy to the many subjected to, or fleeing, organised death and destruction.
Instead borders, economic and political, are being tightened as intolerance heightens and in far away places military
aggression is de rigueur for conflict resolution often with disregard to
international law.
At home government heads strenuously stand in defence of public safety at a time when Western governments’ biggest
historical challenge is the economic insecurity and misery faced by increasing numbers of their citizens.
They vow to uphold their democracies, that are showing signs of frailty, and to protect their way of life, which
strangely enough is threatened by its inherent economic and environmental unsustainability.