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Nuovopaese 2019 – Filef Australia
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News & Events Nuovo Paese Nuovopaese 2019

Nuovo Paese dic/dec 2019 – NP 2020 Online

Nuovo Paese dicembre/december 2019

 


Nuovo Paese   2020   online

|   editoriale   |

Dopo 46 anni di storia raccontata sulla carta – prima come giornale quindicinale e poi come rivista mensile – Nuovo Paese verrà pubblicato in rete dal prossimo anno è sarà accessibile visitando il sito http://filefaustralia.org
Il sito Filef Australia già offre l’archivio completo dei 46 anni di pubblicazioni su carta.
Purtroppo i costi mensili più importanti per stampare e spedire Nuovo Paese (circa $2,300 per tipografia e carta e $600 per la posta) non sono più sostenibili per questa modesta organizzazione no profit .
Dunque, continueremo il nostro impegno per diffondere notizie, opinioni, commenti e informazione, guidati da principi di pace, parità e giustizia sociale eliminando un peso economico che non eravamo più in grado di sostenere.
La cosa positiva, oltre al risparmio della carta, è che come tutti gli altri siamo stati spinti a condurre un sempre maggior numero delle nostre attività online.  Il risparmio di questa trasformazione dovrebbe aggiungere più risorse per sostenere le battaglie della Filef sui diritti umani, sociali e, quanto mai più urgenti, i diritti della natura.
Purtroppo la rete web – una realtà resa possibile non soltanto da Gates, Google o Facebook ma dall’insieme del progresso umano, incluso il contributo di Marconi – rischia di diventare soprattutto un canale commerciale, spesso utilizzato in operazioni di controllo, disinformazione e costrizioni personali pittosto che un canale di comunicazione, cooperazione, creatività ed emancipazione.
Ringraziamo vivamente tutti i nostri sostenitori per il loro contributo che ha permesso a Nuovo Paese di contribuire alla vita sociale e politica della comunità italo-australiana finora e, naturalmente, vi invitiamo a continuare a sostenerci inviando il vostro contributo anche rinnovando l’abbonamento di $30 annuali oppure con un abbonamento sostenitore di $50 annuali da versare sul conto bancario della rivista.
Prendiamo appuntamento per il 2020 online e cogliamo l’occasione per porgere i migliori auguri a tutti i nostri lettori e sostenitori di buone feste e buon anno.
     per Nuovo Paese
     Frank Barbaro
     Claudio Marcello
     Sonja Sedmak
     Rosi Paris
     Bruno Di Biase

Nuovo Paese goes online 2020 

|  editorial  |

After 46 years of history told on paper – first as a fortnightly newspaper and then as a monthly magazine – Nuovo Paese will be published online as from next year and will be accessible by visiting the site http://filefaustralia.org

The Filef Australia website already offers the complete archive of 46 years of publications on paper. Unfortunately, the most important monthly costs for printing and shipping Nuovo Paese/New Country (about $ 2,300 for printing and paper and $ 600 for postage) are no longer sustainable for this modest non-profit organization.

Therefore, we will continue our commitment to spread news, opinions, comments and information, guided by the principles of peace, equality and social justice, while eliminating an economic burden that we are no longer able to sustain.

The positive thing, in addition to saving paper, is that like all the others we have been driven to conduct an ever increasing number of our activities online. The saving of this transformation should add more resources to support the Filef battles on human rights, social rights and, more urgently, the rights of nature.

Unfortunately the web – a reality made possible not only by Gates, Google or Facebook but by the whole of human progress, including Marconi’s contribution – is running a serious risk of becoming above all a commercial channel, often used in operations of control, disinformation and personal constraints rather than a channel of communication, cooperation, creativity and emancipation.

We warmly thank all our supporters for their contribution which has allowed the magazine to contribute to the social and political life of the Italian-Australian community so far and, of course, we invite you to continue to support us by continuing your contribution as well as activating or renewing the subscription of $ 30 yearly or with a supporter annual subscription of $ 50 to be paid into the magazine’s bank account:

Bank:   BankSA

Account name:   Nuovo Paese

BSB Number:   105-029

Account Number:   139437540

Let’s continue our monthly appointemnt in 2020 with Nuovo Paese online and we take the opportunity to offer our best wishes to all our readers and supporters of happy festive season and a happy new year 2020.

for Nuovo Paese

Frank Barbaro

Claudio Marcello

Sonja Sedmak

Rosi Paris

Bruno Di Biase

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Nuovo Paese Nuovopaese 2019

Nuovo Paese nov 2019

Nuovo Paese nov 2019

Fare shopping in giro non è un’opzione

| editoriale |

Prezzi alti e inspiegabili sono una caratteristica comune delle economie contemporanee e certamente in quelle mature.

Camuffati da inutili complessità, aggiungono confusione, ansia e stress finanziario, in particolare per le persone con redditi bassi, fissi o stagnanti.

Prezzi e commissioni esorbitanti sono un problema comunemente riconosciuto che in alcuni casi è stato studiato dai governi e dalle agenzie di regolamentazione.

Tuttavia, la risposta e l’avviso più sostanziale ai consumatori è stato il debole suggerimento di guardarsi intorno.  Questa potrebbe essere una strategia utile per l’acquisto di vestiti, strumenti, arredi per giochi e così via. Ma è assurdo che il comportamento fraudolento e lo sfruttamento dei prezzi possano essere gestiti facendo acquisti e cambiando servizi come banche, elettricità o Internet.

Comportamenti ingannevoli sistemici sono affari di legislatori e forze dell’ordine. Gli scandali, gl’ imbrogli e il trionfo dei prezzi in molti di questi settori sono stati ben documentati e in alcuni casi hanno comportato azioni legali e multe.

Anche il livello di insoddisfazione e lamentele dei consumatori è stato ben documentato. Ad esempio, la Commissione Reale del Sistema Bancario Australiano ha raccontato le misure fraudolente nel settore, leggendarie sono le denunce presso il difensore civico dell’energia elettrica in ogni stato australiano.

C’è sufficiente evidenza del fatto che un elevato livello di sfruttamento dei consumatori sta avvenendo e viene fatto sotto il naso dei governi o con la loro acquiescenza. Questo sfruttamento dei consumatori è il più grande in settori in cui le condizioni del cartello sono state mascherate da meccanismi di mercato.

Le scelte di prezzo sono deboli o fasulle e progettate per garantire consistenti flussi di reddito che hanno compensato i profitti astronomici delle aziende nonostante le economie vacillanti.

I governi hanno il dovere di affrontare questo nuovo e dannoso sfruttamento che priva le persone di reddito disponibile essenziale e aumenta il degrado economico e la crescente disuguaglianza.

Shopping around is not an option

|  editorial  |

High and unexplainable prices are a common feature of contemporary economies and certainly in mature ones.

They add unnecessary complexity, confusion and anxiety particularly for people on low, fixed or stagnant incomes.Exorbitant prices and fees are a commonly recognised problem that in some cases has been investigated by governments and their regulatory agencies and widely commented on by experts.

However, the most substantial response and advice to consumers has been the feeble suggestion to shop around.

This could be a useful strategy if it involved buying clothes, tools, games furnishings and so on. But it is an absurd proposal that ordinary people can realistically shop around and change for services such as banks, electricity or internet to stop being ripped off. This would be impractical even if there were real choice.

The rorts, ripoffs and price gouging in many of these industries has been well documented and in some cases have involved court action and fines.

The level of consumer dissatisfaction and complaints has also been well documented. For example, Australia’s Banking Royal Commission chronicled the fraudulent measures in the sector and complaints to the electricity ombudsman in the nation’s States are legendary.

There is enough evidence in Australia and other comparable countries that a high level of consumer exploitation is taking place and it is being done under the nose of governments or with their acquiescence. This consumer exploitation is the greatest in sectors where cartel conditions have been dressed up as market mechanisms. Price choices are faint or phony and designed to secure substantial income streams that have netted corporations astronomical profits notwithstanding faltering economies.

Governments have a duty to address this new and damaging exploitation that robs people of essential disposable income  and adds to economic passivity and degradation.

Click to read    Nuovo Paese nov 19 

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Nuovo Paese ottobre/October, 2019

nuovo paese ottobre, 2019

Difficoltà governative

I governi di tutto il mondo mostrano l’incapacità di prendersi cura delle proprie comunità.
Le attuali sfide, derivanti da problemi accumulati, contraddizioni radicate e disparità intrinseca, sono difficili da affrontare in particolare quando il capitale privato non è mai stato così influente e le leggi comuni non sono mai state così inefficaci.
Nonostante l’aumento della conoscenza tecnologica e la corrispondente produttività, l’economia non sembra offrire equità sociale o risanamento ambientale.  Il sistema è truccato a favore del capitale privato e dei suoi proprietari privilegiati, e i segni lo stanno raccontando.
Secondo il think tank britannico High Pay Centre, il rapporto tra la retribuzione dell’amministratore delegato e quella dei lavoratori medi è passato da 48 a uno nel 1998 a 129 a uno nel 2016.
Negli Stati Uniti la stessa razione è passata da 42 a una nel 1980 a 347 a una nel 2017.
In Australia, l’amministratore delegato di Qantas Alan Joyce è stato in cima alla lista dei redditi alti nel 2018 portando a casa $ 23,9 milioni – che è più di 275 volte il salario medio a tempo pieno.
Secondo Carl Rhodes, vicedirettore della School of Business dell’Università della Tecnologia di Sydney, l’esplosione dei compensi dei dirigenti può essere ricondotta alle politiche del libero mercato che sostenevano il settore privato e la regolamentazione della luce.
Sebbene il commercio estero e l’immigrazione siano stati utili capri espiatori politici per economie calanti, sempre più il dito viene puntato su quello che a volte viene chiamato capitalismo di rendita.
È qui che l’affitto o il prezzo addebitato per beni e servizi è eccessivamente superiore al costo per per produrli.
I problemi che si presentano sono più che semplici costi di vita più elevati. Soffocano e bloccano l’economia reale, di cui si stima che oltre il 60% sia costituito dal consumo comunitario.
Chiaramente, è stato sbagliato riporre tanta fiducia nel libero mercato, ma non è chiaro come i governi risponderanno quando le loro economie non mantengono le promesse.

Governing difficulties

Governments around the world are showing an inability to care for their communities.
Current challenges, from accumulated problems, entrenched contradictions and inherent disparity, are difficult to address particularly when private capital has never been so influential and common laws have never been so ineffectual.
Despite increased technological know how, and its corresponding productivity, the economy does not seem to be delivering social fairness or environmental reparation.
The system is rigged in favour of private capital and its privileged owners, and the signs are telling.

According to UK think tank the High Pay Centre the ratio of chief executive pay to that of average workers rose from 48 to one in 1998 to 129 to one in 2016. In the US the same ratio rose from 42 to one in 1980 to 347 to one in 2017.

In Australia, Qantas chief executive Alan Joyce topped the list of high earners in 2018 taking home $23.9 million — which is more than 275 times the full-time average wage.
According to Carl Rhodes, the deputy dean of the School of Business at the University of Technology Sydney, the explosion of executive pays can be traced back to free market policies that advocated for the private sector and light regulation.
Although foreign trade and immigration have been convenient political scapegoats for waning economies, increasingly the finger is being pointed at what is sometimes referred to as rentier capitalism.  This is where the rent or price charged for goods and services is excessively higher than the cost of producing them.
The problems that arise are more than just higher living costs. They stifle and stunt the real economy of which more than 60% is estimated to be made up of community consumption.
Clearly, it has been wrong to place so much faith on the free market, but it is not clear how governments will respond when their economies are not delivering on promises.
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Nuovo Paese agosto/august 2019nuovo

Nuovo Paese agosto/august 2019

 

Il mercato siamo noi

Ci sono molti miti sull’economia di mercato che sono spesso mascherati dalle sue complessità o perpetuati da interessi acquisiti.

Questi processi sono stati aiutati dalla globalizzazione dell’economia di mercato che rende ancora più difficile identificare cause ed effetti.
La disoccupazione, l’inflazione, il costo della vita, i tassi di interesse ed altri termini economici suggeriscono processi precisi se non scientifici e nascondono ulteriormente la realtà che l’economia di mercato siamo proprio noi – le persone.
Giganti aziendali come Google e Facebook possono esercitare un’enorme ricchezza e influenza, ma i beni basilari, e cioè pane, acqua, abitazione e tutti quei prodotti e servizi essenziali per le esigenze di vita, personali e sociali dovranno comunque continuare ad essere prodotte.
La stima generale accettata è che i due terzi, se non di più, dell’attività economica sono generati dai bisogni della comunità.
Uno dei problemi attuali delle economie relativamente mature, come quella australiana, è che hanno raggiunto un punto di stagnazione a causa di un incrocio di fattori: l’invecchiamento della popolazione, la saturazione dei consumi e il calo del reddito disponibile. Qui, il settore privato, nonostante la sua crescente capitalizzazione, non è strutturato, anche se c’era una volontà, di rispondere. I consigli di amministrazione non hanno la responsabilità legale di gestire i dilemmi sociali e quando si verificano disfunzioni economiche significative, l’appello viene rivolto ai governi. I governi sono stati chiamati a mitigare i fallimenti della crisi finanziaria globale ed abbondano esempi di governi che salvano gestioni fallimentari del settore privato.
Un esempio recente e rivelatore dell’importanza dell’intervento del governo sono i recenti dati ABS che mostrano che il settore pubblico è stato responsabile di circa l’85% dei posti di lavoro creati in Australia negli ultimi 12 mesi.
L’attuale richiesta di progetti infrastrutturali è un altro potente segnale del ruolo di stimolo atteso dai governi, in particolare dal settore privato alla disperata ricerca di veicoli di investimento sicuri per i suoi componenti pieni di liquidità.
Anche se raramente viene evidenziato che se i tassi di interesse bancari sono a livelli storicamente bassi, ciò è dovuto anche al fatto che ci sono molti soldi inattivi in cerca di azione.
Anche gli organismi conservatori e imprenditoriali hanno capito che l’economia siamo noi e che hanno un interesse per le politiche che sostengono l’attività economica come le crescenti richieste di aumento dei pagamenti Newstart per i disoccupati.
Non c’è dubbio che il motore reale e sostenibile per l’economia di mercato siamo noi e, tra le molte contraddizioni presenti, nessuna è più acutamente ingiusta del fatto che la parte del leone dell’attività economica viene appropriata da pochi, con mezzi vari, e giustificata poi da molti miti.

The market is us

There are a lot of myths about the market economy which are often camouflaged by its complexities or perpetuated by vested interests. These processes have been helped by the globalisation of the market economy that makes it even more difficult to identify cause and effect.
Unemployment, inflation, cost of living, interest rates and other economic terms suggest precise if not scientific processes and further hide the reality that the market economy is us – people.
Corporate giants like Google and Facebook may wield enormous wealth and influence but the basics such as bread, water, housing and all those products and services essential for personal and social needs still have to be produced.
The accepted general estimate is that two thirds if not more of economic activity is generated by community needs.
One of the current problems in relative mature economies, like that in Australia, is that they have reached a stagnant point due to a combination of ageing populations, consumption saturation and a fall in disposable income.
Here, the private sector, notwithstanding its increased capitalisation, is not structured, even if there was a willingness, to respond. Board rooms do not have the legal responsibility to deal with social dilemmas and when significant economic dysfunction happens, the call is for governments to act.
Governments were called in to mitigate fall-outs from the Global Financial Crisis and examples of governments bailing out private sector failures abound. A revealing example of the importance of government intervention is recent ABS data that shows that the public sector was responsible for about 85 per cent of the jobs created in Australia in the past 12 months.
The current call for infrastructure projects is another powerful sign of the stimulus role expected from governments, particularly from the private sector desperate for safe investment vehicles for its cashed-up constituents. Although it is rarely highlighted when bank interests rates are at historically low levels it is also due to the fact that there is a lot of idle cash looking for action.
Even conservative and business bodies have understood that the economy is us and that they have an interest in policies that sustain economic activity such as the growing calls for increasing Newstart payments for the unemployed.
There is no doubt that the real and sustainable engine for the market economy is us and of the many contradictions present, none is more acutely unfair then the fact that the lion’s share of economic productivity is taken by the few through various means, and justified by many myths.
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Nuovo Paese luglio/july 2019

Nuovo Paese luglio/july 2019

 

 

 

I robot per l’uguaglianza

Nella sempre dinamica relazione tra capitale e lavoro, la fase della robotica e dell’intelligenza artificiale (IA) si rivelerà la più aggressiva.
Un’indicazione non irrilevante dell’audacia del capitale nel dominare il processo è la pronta accettazione degli impatti dirompenti di nuovi modi di fare impresa.
Molto probabilmente simili tentativi di mettere a soqquadro intere comunità o società sarebbe stato messo fuori legge. Ma se lo scopo è il profitto, in realtà tali tentativi vengono accolti e lodati, spesso in quest’ordine, mentre i nuovi monarchi del denaro diventano i moderni eroi imprenditoriali.
Questi magnati della tecnologia segnalano un forte rinnovamento e il loro successo improvviso è fortemente seduttivo. La ricca lista della Financial Review di quest’anno, per entrare nella quale devi avere almeno $ 472 milioni, ha avuto una cifra record di 14 australiani la cui fonte di ricchezza era legata alla tecnologia, due dei quali catapultati tra i primi 10.
I partecipanti sono relativamente giovani e la loro ricchezza si è accumulata relativamente rapidamente rispetto a fortune più classiche come quelle derivanti da proprietà immobiliari, dal commercio o dalle risorse primarie, per esempio minerarie, o dall’agricoltura.
Questa trasformazione economica si intensificherà e aggraverà le disuguaglianze di reddito che perseguitano le nazioni e il mondo come evidenziato da un recente rapporto di Oxford Economics (vedere pagine 18 e 19 in questo numero). Il rapporto stima una perdita di 20 milioni di posti di lavoro di produzione a causa dei robot entro il 2030 e classifica la vulnerabilità di sette economie avanzate chiave.
Sebbene il rapporto menzioni la creazione di nuovi posti di lavoro, non è specifica in questo, ed è poco probabile che corrispondano alla quantità e alla qualità dei posti di lavoro persi.
L’economia agricola, che nell’agricoltura preindustriale era la fonte di quasi tutti i posti di lavoro, oggi ne fornisce meno del 5%.
I licenziamenti dall’industria manufatturiera, dai servizi, e persino dai lavori professionali sarà ancora più drammatica man mano che i robot e l’intelligenza artificiale diventano più diffusi e più sofisticati.
Questo non deve essere necessariamente negativo se la produttività fosse condivisa e il tempo libero generasse il potenziale per una maggiore socialità e creatività dell’individuo in modi che erano comuni in tutte le società tradizionali dove la stratificazione economica era minima.

Robots for equality 

 

In the ever dynamic relationship between capital and labour the robotics and artificial intelligence (AI) phase will prove the most aggressive yet.
A not insignificant indication of capital’s boldness in dominating the process is the ready acceptance of disruptive impacts of new ways of doing business. Any other attempt to disrupt communities or societies would most probably be outlawed.
But, if its purpose is profit then it is actually accommodated and lauded, often in that order as the new monarchs of money become the latest entrepreneurial heroes.
These technology tycoons signal a powerful renewal and their overnight success is powerfully seductive.
This year’s Financial Review’s rich list, for which you needed $472 million to qualify, had a record 14 Australians whose source of wealth was technology related, with two of those catapulting into the top 10.
Theses entrants are relatively young and their wealth accrued relatively quickly as opposed to more classical fortunes such as those derived from property, retail and resources.
This economic transformation will intensify and will aggravate the income inequality beleaguering nations and the globe as a recent report from Oxford Economics highlighted (see pages 18&19).

The report estimates a loss  of 20 million manufacturing jobs to robots by 2030 and ranks the vulnerability of seven key advanced economies.

Although the report mentions that new jobs will be created it is not  specific and it is unlikely that they would match the quantity and quality of those lost.
The agricultural economy, which in pre-industrialisation farming was the source of nearly all jobs, today provides less than 5 per cent of jobs.
The redundancy of manufacturing, service and even professional jobs will be even more dramatic as robots and AI become more widespread and more sophisticated.
This need not be a negative if the productivity is shared and free time introduces the potential for individuals to be social and creative in a way that is common in all traditional societies where there was minimal economic stratification.
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Nuovo Paese giugno/June 2019

Nuovo Paese giugno/june 2019

Il miracolo della pubblicità

 

L’esito delle elezioni federali australiane probabilmente ha sorpreso tutti, compreso il primo ministro Scott Morrison. In un omaggio popolare alla famiglia e ai sostenitori nella notte delle elezioni, ha ringraziato e gioito con un linguaggio semplice e diretto, segno distintivo della sua campagna elettorale, fornendo una spiegazione succinta e analitica per la vittoria. Non ha detto, e non poteva dire, che era dovuto ai programmi, alle politiche liberali, a personalità o competenze specifiche.
In un lampo di giubilo, Morrison, non riuscendo a nascondere la sua sorpresa, descrive l’inaspettata vittoria come un “miracolo”. Sì, infatti lo era: il miracolo della pubblicità.
Per chi fosse politicamente disinteressato o inetto, la raffica di pubblicità politica, denigrando le credenziali economiche dei Laburisti e l’affidabilità di Bill Shorten, ha giocato su paure e pregiudizi popolari.
E mentre molti liberali moderati e progressisti – sia politici in carica che elettori – abbandonavano il governo, gli operai, più suscettibili alla pubblicità politica, venivano attratti dal fantasioso messaggio della coalizione liberal-nazionale in numeri tali da consegnare loro il governo.
Il programma politico laburista non è riuscito ad esprimere la propria differenza di fondo, cioè quella di dare un po ‘più di benessere alle persone e alle zone di maggior bisogno o merito, rispetto all’offerta dei liberal-nazionali.
Tale semplicistica pubblicità politica è emersa anche nelle recenti elezioni europee che hanno visto personalità e partiti di estrema destra attrarre alcuni degli elettori più bisognosi e vulnerabili.
L’ansia generata dall’incertezza economica e da paure esagerate hanno trovato conferma e rassicurazione nella retorica della destra sulla sicurezza e l’incolumità personale.
Anche se lo status quo ha tenuto in Australia, entrambe le elezioni segnano uno spostamento verso sentimenti di austerità sociale ed economica che  comunque hanno finora fallito, tranne che nell’aumentare le tensioni.
Nonostante i limiti, le politiche laburiste hanno affrontato le questioni rilevanti, e sarebbe sbagliato biasimarne il contenuto. Ci voleva invece lo stile del pettegolezzo aggressivo proprio dello stile tabloid che ha consegnato a Morrison il suo “miracolo”.

The miracle of advertising

The outcome of Australia’s federal election probably surprised everyone including Prime Minister Scott Morrison.
In a folksy homage to family and supporters on election night he thanked and rejoiced in simple and direct language, his campaign hallmark, and gave the most succinct and analytical explanation for the win. He did not, and could not, say it was due to policies, or competency. In a gush of jubilance Morrison could not hide his surprise describing the unexpected victory a ‘miracle’.
Yes, it was, the miracle of advertising.
For the politically uninterested or inept the barrage of political advertising, disparaging Labor’s economic credentials and Bill Shorten’s trustworthiness, played on popular fears and prejudices.
And while moderate and progressive Liberals – serving politicians and voters – abandoned the Government, blue-collar workers, who were more susceptible to political advertising, were drawn to the Liberal Coalition’s message in numbers that gave them government.
Labor’s set of policies did not convey their defining difference about giving some relief to people and areas that needed or deserved it, instead of what their opponents planned. Simplistic political advertising was also evident in the recent European elections which saw extreme right personalities and parties attracting some of the most needy and vulnerable voters. Anxieties from economic uncertainty and overblown fears found validation and reassurance in rhetoric about safety and security.
Even though the status quo held in Australia, both elections signaled a shift to socially and economically austere sentiments that have failed except in heightening tensions.
Despite their limits Labor’s policies addressed issues, and it would be wrong to blame the content.  What was needed was some of the combative tabloid-style delivery that gave Morrison his ‘miracle’.
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Nuovo Paese Maggio/May 2019

NUOVO PAESE  MAGGIO/MAY 2019

Eleggere i migliori gestori dell’economia?

|  editoriale  |

L’immagine popolare contemporanea fortemente promossa è che sono i governi a gestire l’economia.
Tuttavia, ultimamente i governi hanno rinunciato ad esercitare un controllo, un’autorità e una direzione economica significativa privilegiando invece politiche di privatizzazione di imprese pubbliche strategiche e redditizie (ad esempio Telstra, la Commonwealth Bank, le utility elettriche), liberalizzando contemporaneamente il controllo normativo su pratiche economiche vitali.
In Australia, i risultati dell’abdicazione della responsabilità economica del governo a favore del settore privato, hanno portato, tra l’altro, a pratiche bancarie corrotte, aumenti dei prezzi dell’elettricità, abusi sugli anziani e a un continuo aumento del costo della vita mentre le retribuzioni rimangono stagnanti.
Un importante ruolo economico attuale del governo è quello di sostenere un sistema economico (globale) che sta andando verso il collasso, come testimoniano numerosi e cupi resoconti e proiezioni di organismi globali come il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale e l’Organizzazione per lo Sviluppo Economico e Culturale (OCSE).
Può sembrare un lontano ricordo, ma la lezione più illuminante della crisi finanziaria globale del 2007/08 è stata che il denaro pubblico venne utilizzato per scongiurare il caos nel mercato del capitale privato. In linea con ciò, la “leva” economica che era concessa ai governi, e lo è tuttora  – e in alcuni casi viene pure sollecitata – è quella della spesa per le infrastrutture.
Tuttavia, questa spesa non può servire solo a fornire canali di investimento sicuri per il capitale intimidito da un mercato rischioso, speculativo e manipolativo. La spesa pubblica sulle infrastrutture deve servire, infatti, l’interesse generale. Il denaro dei contribuenti deve essere speso per alleviare i problemi sociali, garantire i diritti di base e introdurre pratiche economiche e ambientali sostenibili.
Nelle prossime elezioni la Coalizione liberal-nazionale che sostiene Scott Morrison pretende di presentarsi come miglior manager economico. Ma questa pretesa è profondamente fallace perché continua scommettere sulla superiorità dell’economia di mercato. Questa mal riposta fiducia nell’economia di mercato non è stata messa in evidenza dal partito Laburista le cui politiche, sebbene non direttamente critiche nei confronti dell’economia di mercato, prestano maggiore attenzione ad affrontarne i fallimenti.

Electing the better economic managers? 

|  editorial |

The popular contemporary image strongly promoted is that governments manage the economy.
However, in recent times governments have given up significant economic control, authority and direction with policies to privatise strategic and profitable public enterprises (eg. Telstra, Commonwealth Bank, electricity utilities), whilst liberalising regulatory control over vital economic practices.
The results in Australia of deferring government economic responsibility to the private sector, have included corrupt banking practices, electricity price rip offs, abuses in aged care and rising living costs while wages remained relatively stagnant.
A key current government economic role is that of propping up an economic (global) system which is floundering, as testified by numerous gloomy reports and projections by international  think tanks such as the IMF, World Bank and the OECD. It seems a distant memory but the most illuminating lesson of the 207/08 Global Financial Crisis was the spending of public money to fix private capital’s market mess. In keeping with that, the economic ‘lever’ that was, and is being, conceded to governments, in some cases urged, is that of infrastructure spending. However, this spending must not just serve to provide safe investment vehicles for capital that is shy of a speculative and manipulative risky market. Public spending in infrastructure must serve public interests. Taxpayer money must alleviate social problems, guarantee basic rights and usher in sustainable economic and environmental practices.
In the forthcoming election the Liberal Coalition’s claim to be better economic managers is deeply flawed because it continues a misplaced trust in market economics. This hasn’t been highlighted by Labor whose policies, although not directly critical of market economics, pay greater attention to dealing with its failings.
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Nuovo Paese aprile/april 2019

Nuovo Paese aprile/april 2019

Terrore nel nome della gente 

|   editoriale   |

Eventi come il recente massacro neozelandese mirato ai musulmani dovrebbero essere motivo di pace.
Invece, la solidarietà mostrata alla Nuova Zelanda da parte di altri governi rischia di mostrare compassione ma ignorando che molti di loro hanno alimentato sospetti e timore esortando i cittadini a “essere vigili ma non allarmati”.
I massacri terrorizzano e provocano un’indignazione giustificabile, ma si fermano prima di mettere in discussione le guerre portate avanti dai governi in nome della loro gente.  La riuscita demonizzazione di una serie di paesi – ricorda la dichiarazione di George W. Bush nel 2002 sull’’asse del male ‘che minacciava la pace mondiale – ha visto gli Stati Uniti guidare le comunità sul funzionamento di questa bomba dell’Occidente in Stati falliti e frammentati.
Queste guerre sono state condotte nella maggior parte dei casi senza alcun consenso legale o morale, a livello nazionale o internazionale, e basate su menzogne, come nel caso del perseguimento delle inesistenti armi di distruzione di massa dell’Iraq.
La pace di cui il mondo ha disperatamente bisogno include la pace economica, in un mercato globale scosso dalle guerre commerciali e apertamente sconvolto da nuove tecnologie e tecniche il cui impatto spesso supera la capacità del governo di assicurare la calma e l’equità.
L’ironia è che in un mondo globalizzato il “popolo” non è globalizzato né globalizzante.
È il capitale che è globalizzato, e impone un cambiamento che produce profitti senza contribuire all’economia reale – quello che produce beni, crea posti di lavoro sostenibili, salvaguarda la natura, consente e promuove la stabilità individuale e comunitaria e offre un futuro per le generazioni a venire.
Nel frattempo i governi, che combattono guerre in nome della loro gente, il cui “modo di vita” essi promettono di proteggere, permettono l’aumento d’angoscia alla comunità a riguardo i costi della vita, i cambiamenti climatici e le pratiche economiche stressanti.

Terror in the name of the people 

|   editorial   |

 

Events like the recent New Zealand massacre that targeted Muslims should be a cause for peace.
Instead, the solidarity shown NZ by other governments risks showcasing compassion but ignoring that many of them have been fuelling suspicion and fear exhorting citizens to ‘be alert but not alarmed’.
Massacres terrorize and provoke justifiable indignation, but they stop short of questioning wars carried out by governments in the name of their people.  The successful demonisation of a string of countries – remember George W. Bush’s declaration in 2002 of the ‘axis of evil’ threatening world peace – has seen the USA led West, bomb functioning communities into failed and fragmented States. These wars have been carried out in most cases without any legal or moral consent, nationally or internationally, and based on lies, as the case in the pursuit of Iraq’s non-existent weapons of mass destruction.
The peace the world desperately needs includes economic peace in a global market buffeted by trade wars and openly disrupted by new technologies and techniques whose impacts often outstrip government capacity to ensure calm and fairness.
The irony is that in a globalised world the ‘people’ are not globalised nor globalising.
It is capital that is globalised and dictates change making, profits without contributing to the real economy – the one that produces goods, creates sustainable jobs, safeguards nature, permits and promotes individual and community stability and offers a future for generations to come.
Meanwhile governments, that wage wars in the name of their people whose ‘way of life’ they vow to protect, allow community anxiety to grow about living costs, climate change and stressful economic practices.