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Nuovopaese 2017 – Filef Australia
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Nuovo Paese Nuovopaese 2017

Nuovo Paese Dicembre 2017

 

 

 

EDITORIAL
La sfida: uguaglianza e ambiente
Quando entriamo alla fine di un altro problema, è opportuno sottolineare che il blocco per affrontare il problema non è il denaro, la produttività o la tecnologia. In tutte queste risorse l’umanità non è mai stata collettivamente in una posizione migliore. Una differenza dall’altro punto della crisi socio-economica dei tempi moderni – la grande Depressione – la crisi odierna è inquadrata dall’abbondanza e non dalla scarsità. Probabilmente le due grandi sfide per la vita e la conservazione del Pianeta come un habitat permanente per la vita e la riduzione della disuguaglianza economica crescente e diffusa. Le prove che circondano queste due abbondano. Non devi mai essere considerato un problema,  l’ambiente e la Terra, sono pericolosamente inquinati a causa delle attività umane e devono essere ripuliti. Come farlo, è ostacolato quando la vita è diventata una questione di organizzazione senza profitto. L’espressione del potere e dell’influenza globale – soldi e militari – a volte confina con l’illegalità, mentre i governi nazionali sono seguiti dalla preoccupazione in questione economiche. In questi tempi pessimisti ci prendiamo cura delle citazioni dalla Information Clearing House che pubblichiamo sulla pagina a sinistra, sulla natura della governance contemporanea e su cosa ci suggeriscono.
Infine, auguriamo a tutti i nostri lettori per la stagione festiva e per un 2018 di successo e soddisfazioni, progresso e pace per tutti.

The challenge: equality and environment 

As we come to the end of another troubled year it is opportune to stress that the block to dealing with global challenges isn’t money, productivity or technology.  In all of those resources humanity collectively has never been better placed. 

Unlike the other socio-economic crisis point of modern times – the great Depression (correctly given the status of a proper noun) – today’s crisis is framed by abundance not scarcity.

Arguably the two biggest global and human challenges are repair and retention of the Planet as an ongoing habitat for life and reducing increasing and widespread economic inequality.

Evidence surrounding those two abounds. You do not even have to be convinced of the magnitude of global warming to realize that the Earth’s water, soil and air are dangerously polluted due to human activities and need cleaning up.

How to do so is hampered when global consciousness is at an all time low with the United Nations almost reduced to the status of a not for profit organization.

The expression of global power and influence – money and military – sometimes borders on the lawlessness, while national governments have followed the trend of outlawing themselves as decision makers in key economic matters.

In these pessimistic times we take heart from quotes from the Information Clearing House we publish on the page on the left about the nature of contemporary governance and what they suggest about us.

Finally, we wish all our readers well for the festive season and for a 2018 of successes and satisfactions as we struggle for progress and peace for all.

NP dic. 17

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Nuovo Paese Nuovopaese 2017

Nuovo Paese numero di novembre 2017

 

NP nov. 17
L’identità e le paure dei benestanti
Se esiste un senso di assedio fra i cittadini che vivono nel mondo occidentale, non è  dovuto ad invasioni in corso o al fatto che gli immigrati o i musulmani siano forti e potenti.
Nel considerare le cause di queste ansie che si diffondono, spesso fomentate da governi ansiosi di presentarsi come tutori dei loro cittadini,  sarebbe utile riflettere sull’insicurezza e le incertezze che rendono le persone suscettibili a paure poco fondate.
Gli immigrati vengono spesso accusati di non volersi integrare o addirittura di voler cambiare il nostro modo di vivere. A me sembra che un’attrazione potente per queste persone, spinte dalla necessità e dalla voglia di vivere in società prive di guerre e di instabilità, sia lo stato di benessere e lo stile di vita occidentali, che sono stati sempre presentati come un modello a cui aspirare.
In realtà, si tratta di un modello creato con grandi costi sociali e ambientali, che oggi non regge più neanche in Occidente, dove le sue lacune e debolezze sono sempre più evidenti.
I segni contradditori di questa problematica sono molti, per esempio il fatto che ormai gli immigrati – regolari o irregolari – svolgono un ruolo strategico e sono ben accetti in settori caratterizzati da lavori umili e poco pagati.
Ma una parte di questa insicurezza riguarda la questione dell’identità, sia a livello individuale che nazionale, all’interno delle varie culture occidentali, un’insicurezza però che non ha  a che fare con gli ultimi arrivati, ma con i grandi e aggressivi cambiamenti in atto a livello globale.
Negli ultimi decenni, una larga fetta della democrazia parlamentare è stata trasferita ai privati che dispongono dei capitali per decidere nel concreto le sorti dei vari paesi, la loro sicurezza economica e sociale. In questo processo va ricercata l’origine del senso di impotenza (powerlessness) che pervade le persone, e non tanto nel trauma generato dalla presenza di poveri e di profughi.
Se oggi l’italiano si sente meno italiano, può darsi che non sia estraneo a questa sensazione il fatto che la FIAT non è più italiana. Lo stesso effetto può aver avuto sugli australiani l’abbandono della GM-Holden.
Identity and fears of the well off
If there is a sense of siege among the citizens in the well off West, it is not due to invasions or that immigrants or Muslims are strong and powerful.
In considering the causes of anxieties, often fomented by governments keen to present themselves as guardians, it may be useful to reflect on insecurities and uncertainties that make people susceptible to unfounded fears.
Immigrants are often accused of not wanting to integrate or of wanting to change our way of life. It seems that a powerful attraction to a Western lifestyle is the need and desire to live in peaceful and stable societies whose affluence has become a model to aspire.
The fact is that this is model has been created at a great social and environmental cost that is no longer sustainable.
The contradictory relationship to migrants and refugees is evident. For example, immigrants – legal or illegal – play a strategic role and are well accepted in menial and poorly paid jobs.
Part of Western insecurity concerns the issue of identity, individually and nationally, and has little to do with recent arrivals but a lot to do with major and aggressive global changes.
Over the last few decades a broad slice of parliamentary democracy has been transferred to the private sector that today can even determine the destiny of countries and their economic and social security. The sense of powerlessness is to be found in these processes and not in the trauma generated by the presence of the poor and refugees.
If today Italians feel less Italian, it may not be unrelated to the fact that FIAT is no longer Italian, the same way that GM’s abandonment of Holden may have affected Australian identity.

 

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Nuovo Paese Ottobre/October 2017

EDITORIALE

Il vero pericolo per la pace

Siamo in un periodo in cui il discorso ufficiale dei potenti sulla pace e sulla guerra viene accettato come una fedele rappresentazione della realtà.
Mentre vengono considerate fuori dalla realtà le persone che non accettanto nozioni come guerre e bombe umanitarie e discorsi che individuano nella Corea del Nord, che ha surclassato i jihadisti, il pericolo principale per la pace.
Prevale in questo discorso il concetto che sotto assedio non sono i milioni di persone nel modo che vivono quotidianamente male, se non addirittura in pericolo, ma i paesi che hanno goduto il massimo beneficio dell’industrializzazione e dello sviluppo umano.
Ma il pericolo per l’Occidente non viene dalla Corea del Nord e dalla sua disponibilità di armi nucleari, ma dalla insostenibilità del suo sistema economico e sociale e dal suo impatto sulla natura.
Sarebbe giusto e onesto chiedere alla Corea del Nord il disarmo se il richiedente si disarmasse contestualmente anch’esso.
Ricordo che ad oggi le bombe atomiche sulla popolazione le ha gettate la liberalissima America  e non la totalitaria Corea del Nord.
Riconosco le difficoltà di autolimitarsi quando si è superpotenti come sono gli USA, e in un clima dove il rispetto per la legge internazionale viene meno.
Ma se la scena internazionale è ridotta a un Far West dove il prepotente con le armi più letali fa quello che gli pare, Il vero pericolo per la pace, la libertà e la sovranità dei popoli, finché la Corea del Nord non attacca un altro paese, sono gli Stati Uniti d’America.

EDITORIAL

The real danger to peace

At the moment the official talk of the powerful on peace and war is accepted as a faithful representation of reality.
Instead, considered out of touch are those who do not accept notions of humanitarian wars and bombings or that North Korea has now overtaken the jihadists as the danger to peace.
The inference in this belief is that under siege are not the millions of people who daily live badly, if not in danger, but countries that have benefited the most from industrialization and human development.
But, the danger for the West comes from its unsustainable economic and social systems and their impact on nature and not from North Korea’s nuclear weapons.
It would be fair and honest to ask North Korea to disarm if the powerful also disarmed.
To date only the self-proclaimed key representative of the free world, America, and not totalitarian North Korea, has dropped atomic bombs on populations.
There are difficulties for superpowers like the USA to exercise self-restraint, particularly in a climate where respect for international law is diminished.
If the international scene is reduced to resemble the Far West, where the bully with the most lethal weapons prevails, the real danger to peace, freedom and sovereignty of peoples, as long as North Korea does not attack another country, is the United States of America.

NP ott. 17

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Nuovo Paese Agosto/August 2017

EDITORIALE

La vera guerra globale

Nella sua relazione del 18 luglio scorso, il primo ministro australiano Malcolm Turnbull, mentre annunciava e giustificava la creazione di un superministero dell’Interno per la lotta al terrorismo, ha rivelato un dato interessante sulla riunione del G20 del 7-8 luglio ad Amburgo. In quell’incontro, per i rappresentanti dei paesi più industrializzati, la questione terrorismo ha messo in ombra le solite discussioni sui temi economici.
La cosa non sorprende, è solo il sintomo dell’assenza della capacità/volontà da parte dei governi di intervenire sull’altra guerra non dichiarata, quella fra paesi “amici” per conquistare i mercati  e scaricare sugli altri i costi sociali e ambientali di un’economia globale che procede incurante delle crescenti diseguaglianze, rese ancora più profonde dallo smantellamento e dalla svendita delle imprese di stato e delle strutture pubbliche.
Tutti vogliono aumentare la propria produttività e vendere i loro prodotti agli altri. I paesi di vecchia industrializzazione sono assediati dai cosidetti paesi emergenti e si presentano come vittime, pur avendo usufruito per secoli, e continuando ad usufruire, dello sfruttamento dei paesi più deboli.
La guerra contro il terrorismo sarà utile fino a un certo punto per evitare di affrontare le conseguenze della guerra spietata per il mercato globale , che in fondo è alle base delle attuali problematiche sociali, economiche e ambientali.

EDITORIAL

The real global war

In announcing and justifying on 18 July the creation of a super-ministry of Home Affairs to fight terrorism, Australian Prime Minister Malcolm Turnbull revealed an interesting piece of information on the G20 meeting of 7-8 July in Hamburg. He said that at the meeting of representatives of the most industrialized countries the terrorism issue overshadowed the usual discussions on economic issues. This is not surprising and demonstrates the lack of governments’ ability and willingness to intervene on the other undeclared war – the one between “friends”. Each of those countries is out to win in trade wars that offload on others the social and environmental costs of a global economy careless of the growing inequalities, made even deeper by the dismantling and sale of state-owned enterprises and public facilities. Everyone wants to increase their productivity and sell their products to others. Established industrialised countries are besieged by the so-called emerging economies and consider themselves victims, even though they have benefited for centuries, and continue to benefit, from the exploitation of, what was once referred to as, the Third World. The war on terrorism will have limited use in avoiding tackling the consequences of the ruthless war for global markets, which is at the core of current social, economic and environmental issues.

NP lagosto 17

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Nuovo Paese – Numero di luglio 2017

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NP luglio 17

L’EDITORIALE DI LUGLIO

Dopo l’alternanza, l’alternativa

Sembra che in Occidente si stia per esaurire la democrazia parlamentare forgiata dall’età industriale, che si dimostra sempre più incapace di gestire le politiche sociali ed economiche e di affrontare il problema dell’inquinamento, che è una parte del costo dell’industrializzazione ancora da
pagare.
Bisogna ricordare che l’età industriale è stata segnata da un lungo boom economico, nonostante le frequenti
oscillazioni, sostenuto dai proventi del colonialismo, dalla ricostruzione dopo due guerre mondiali, dall’impulso
consumistico. Tale boom era reso possibile dallo sfruttamento della classe operaia che, con le sue finora
corpose organizzazioni, era riuscita a moderare gli aspetti più brutali del capitale.
Oggi esiste una sindrome comune tra i governi occidentali, cioè l’incapacità di affrontare le difficoltà oggettive
della gente attraverso il rispetto dei diritti previsti dalle varie convenzioni internazionali e dalle Costituzioni più attrezzate e sensibili, come i diritti al cibo, all’acqua, alla casa e al lavoro, tanto per citare i più basilari.
Paradossalmente, il raggiungimento dell’apice della ricchezza, della produttività e della tecnologia, coincide,
anche nei paesi ricchi, con il ritorno a livelli di povertà, miseria e abbandono che sembravano estinti.
Le risposte che venivano dalle dinamiche parlamentari fra forze diverse collocate al governo o all’opposizione
non sembrano convincere gli elettori, che percepiscono sempre meno differenze fra le varie forze politiche
convenzionali . Perde fascino l’alternanza al governo fra partiti convenzionali o coalizioni di partiti, prende quota
la richiesta di alternativa, che si tratti di un Trump o di un Corbyn.
Le alternative sono possibili, ma non passano attraverso i sistemi distruttivi imposti dal capitale, che sta
trasformando i rapporti sociali ed economici, ma attraverso investimenti su progetti e servizi infrastrutturali legati ai diritti e ai bisogni della gente, e non all’esigenza del capitale di trovare occasioni di investimento sicure.

After alternating, the alternative

It seems that the effectiveness of Western parliamentary democracy, forged from the
industrial age, is waning as shown by its inability to manage social and economic
policies and addressing environmental pollution whose cost industrialization still
has to pay.
It must be remembered that the industrial age was marked by a long economic boom,
despite the frequent oscillations, supported by colonial income, the reconstruction after
two world wars, consumer demand and the exploitation of workers who through their organizations so far, had managed to moderate some of capital’s brutal aspects.
The common thread among Western governments is their failure to address people’s objective difficulties and ensure rights agreed in international conventions and in the better and fairer Constitutions, such as rights to food, water, home and work, to name the most basic.
Paradoxically, despite achieving increasing wealth, productivity, and technology even rich countries are seeing a return to a poverty, misery and abandonment that seemed to have been extinguished.
Responses from oppositional parliamentary dynamics do not seem to persuade voters, who perceive less and less differences between the various conventional political forces and instead of alternating between
conventional parties or party coalitions, are increasingly attracted to alternatives, whether they be a Trump or a Corbyn.
Alternatives are possible, but not those imposed by capital’s disruptive measures that are transforming social and economic relations. The current push is for infrastructure spending but it must be on projects and services related to people’s rights and needs, and not to capital’s need for safe and guaranteed investment opportunities.

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Nuovo Paese – Numero di giugno 2017

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NP giugno 17

L’EDITORIALE DI GIUGNO

Terrorismo: quale strada per l’Occidente

La tragedia di Manchester ha di nuovo scombussolato il mondo, e soprattutto il mondo occidentale. Ormai la sequenza di questi atti atroci è sempre uguale – l’atto è totalmente inaspettato, la notizia provoca orrore e un forte senso di compassione per le vittime, i governi ovunque esprimono solidarietà ai paesi colpiti e grande determinazione a sconfiggere il terrorismo, che non avrà successo nel suo obiettivo di distruggere lo stile di vita e le
libertà occidentali.
Non soltanto il linguaggio dei capi di governo è identico, ma anche le risposte si somigliano: più misure poliziesche e un forte richiamo alla vigilanza, ma anche l’appello a non lasciarsi prendere dalla paura.
L’altro elemento comune a questi episodi tragici che prendono di sospresa tutti, inclusi i servizi segreti, è che poco tempo dopo viene scoperto il nome dell’autore e vengono diffusi pezzi della sua biografia. In altri termini, c’è una grande incongruenza fra il carattere inaspettato dell’atto e le rivelazioni successive.
A prescindere da questi elementi, non si tratta solo di valutare ome reagire, ma soprattutto come prevenire l’atto, che è inaccettabile non solo perchè causa vittime innocenti, ma anche perchè contribuisce a diffondere odio e sospetto verso minoranze e diversità.
Le risposte date finora non sembrano in grado di evitare questi orrori, è pertanto necessario considerare risposte alternative.
Prima di tutto una riflessione sull’impatto delle azioni dei paesi occidentali sui paesi in cui sono presenti covi terroristici. Se si sostituissero i bombardamenti con un aiuto alle popolazioni di quei paesi, probabilmente con la stessa spesa si creerebbe un ambiente meno favorevole ai terroristi.
La stessa cosa si potrebbe fare nei paesi occidentali in cui vivono minoranze emarginate e discriminate, attraverso misure di contrasto alle ingiustizie e alle diseguaglianze.
Occorre inoltre affidarsi alle norme di legge e alle strutture internazionali per la soluzione dei conflitti e per la promozione delle misure di cooperazione necessarie per affrontare le sfide climatiche e la costruzione di un’economia sostenibile.
Questa strategia appare molto più concreta della vuota retorica della “guerra al terrorismo” e dell’impegno dei
governi a proteggere i propri cittadini, sempre più stressati quotidianamente dall’aumento del costo della vita, dalla precarietà del lavoro, da un cambiamento sociale e tecnologico impetuoso, dalla mutazione della natura in senso sempre meno ospitale per l’umanità.

Terrorism: Where goes the West?

The tragedy in Manchester has again taken the world by surprise especially the West.
The sequence of these atrocious acts remains the same – the act is totally unexpected, it provokes repugnance and strong compassion and governments express their solidarity by stating that they will not give up their
determination to defeat terrorism which will not be allowed to destroy their Western lifestyle and liberties.
Not only is the language the same, but, the answers so are the responses: more police measures and a strong call to vigilance with an appeal not to be overcome by fear.
The other element of these tragic episodes (which took all by surprise, including intelligence services) is that shortly after the attacks the perpetrator is known with biographical information about the person
released.
There appears an incongruity between the total surprise and the revelations released
almost immediately after.
This aside there remains the challenge of how to prevent such acts that in addition to the unacceptable innocent victims contribute to promoting hatred and suspicion of minorities
and diversity.
A first and obvious consideration is for the West to send goods instead of bombs in
countries believed to harbour terrorist.
A second measure is to help eliminate injustices and inequalities in those countries.
Thirdly, insure respect for international laws and structures for conflict resolution while
promoting co-operation on climate challenges and building a sustainable global economy.
Such a strategy seems far more concrete than continual conflict and the rhetoric of governments on their commitment to protecting their citizens who daily are more likely to be terrorized by increasing living costs, insecurity from unbridled social and technological change and threats from climate change.

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Nuovo Paese – Numero di maggio 2017

Editoriale

La cooperazione, non il cowboy solitario

L’attacco alla Siria è stato “mirato e limitato” e una “risposta proporzionata”, secondo il Pentagono, che lo ha giustificato come risposta all’uso, sempre secondo il Pentagono, delle armi chimiche da parte di Assad.
Un attacco di cui Washington aveva preavvertito diversi paesi, tra cui anche la Russia, circa un’ora prima. Gli USA non hanno ritenuto necessario utilizzare  alcuna cautela a pochi giorni di distanza dal lancio della “madre di tutte le bombe” in Afghanistan il 13 aprile. Ciò che desta più meraviglia però è la sostanziale tranquillità  e assenza di spirito critico con cui la notizia è stata trasmessa e “digerita” dal resto del mondo istituzionale.
Nel caso dell’Afghanistan, è stato detto che il numero di morti è limitato a una trentina di terroristi, ma è difficile esserne sicuri immediatamente dopo un’esplosione, a meno che non si sappia in anticipo chi si trovava in quel momento sotto quelle montagne. Tuttavia, anche se così fosse, come si può giustificare tanta distruzione per un obiettivo relativamente marginale? E qual’è l’impatto ambientale di una bomba così potente? L’accettazione degli attacchi statunitensi sembra aver aperto le porte ad una nuova e più pericolosa pratica della cultura della forza, che prevale a livello globale, spinta sopratutto dal governo americano, i cui atteggiamenti, linguaggio ed azioni sono degni del miglior western hollywoodiano di serie B, con lo stereotipo del buon cowboy che combatte contro il male.
Ma gli Stati Uniti rappresentano una piccola parte della popolazione globale (circa 324 milioni su un totale di 7.432 milioni di persone), anche se consumano una parte sproporzionata delle risorse della Terra, con relativa produzione sproporzionata di rifiuti e di inquinamento. Per esempio, secondo i dati della Banca Mondiale, con il 5% della popolazione mondiale, gli USA consumano il 24% dell’energia mondiale.
Prima o poi i governi del mondo dovranno assicurare il rispetto delle leggi internazionali e contrastare questa rischiosa strategia della tensione che mira a nascondere l’insostenibilità dell’attuale sistema economico, col suo pericoloso carico di disparità sociali.
La politica di “regime change” si deve rifiutare, non soltanto perchè infiamma e alimenta guerre, ma perchè è un atto di aggressione che non ha nulla a che fare con la giustizia e la democrazia.
L’attuale  stato di disordine internazionale non sarebbe tollerabile all’interno di un singolo paese, e richiede un ritorno immediato al rispetto degli stati sovrani e a un impegno per una politica di pace, come quella imposta dalla volontà popolare all’indomani delle due guerre mondiali.

Cooperation, not the lone cowboy

The US attack on Syria was “targeted and limited” and a “proportional response”, according to the Pentagon, which justified its reaction to Assad’s reported use, again by the Pentagon, of chemical weapons.
Washington we were told had warned several countries, including Russia, about an hour earlier of the attack. The US did not consider it necessary for any such caution a few days later with its launch of the “mother of all bombs” in Afghanistan on April 13. What is most striking, however, is the equanimity and lack of critical scrutiny with which the news was broadcast and “digested” by the world as represented by its institutions.
In the case of Afghanistan, it was claimed that deaths were limited to some thirty terrorists. Even on that basis how can one justify such destruction for a relatively marginal goal? And what of the environmental impact of such a powerful bomb? Acceptance of these US attacks promotes the culture of force, spearheaded by the American government, whose attitudes, language and actions are worthy of the best B grade Hollywood westerns with their stereotypic frame of good cowboys fighting evil.
The US represents a small part of the global population (about 324 million out of a total of 7,432 million people), although it consumes a disproportionate part of the Earth’s resources and produces a parallel disproportionate amount of waste and pollution. For example, according to World Bank data, with 5% of the world’s population the USA consumes 24% of the world’s energy.
Sooner or later, world governments will have to ensure compliance with international law and counter this risky strategy of tension that seeks to distract from the current unsustainable economic system, with its dangerous burden of social inequality.
The “regime change” policy must be rejected, not only because it inflames and feeds wars, but because it is an act of aggression that has nothing to do with justice and democracy.
The present international disorder would not be tolerated within a single country and requires an immediate return to a respect for sovereign states and a commitment to a peace policy such as that imposed by popular will after the two world wars.

NP maggio 17

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Nuovo Paese – Numero di aprile 2017

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NP aprile 17

L’EDITORIALE DI APRILE

Terrorismo omicida

Qualsiasi uccisione di esseri umani da parte di altri esseri umani è un abominevole atto di terrore.
Tuttavia, abbiamo creato una cultura globale sul terrore che è pericolosamente divaricata.
Per esempio, una persona che usa un’automobile e un coltello per uccidere quattro altre persone, ed è quindi a sua
volta uccisa, porta l’attenzione del mondo intero sulla grande Londra, e al blocco della città.
Allo stesso tempo, migliaia di bombardamenti, che uccidono grazie ai mezzi tecnologicamente avanzati di cui dispongono i paesi coinvolti, passano largamente inosservati e suscitano ben poca emozione.
Perché un attentatore solitario, forse affetto da problemi psichici, suscita una paura così profonda e diffusa da
scuotere momentaneamente la routine e il comfort della vita nel mondo occidentale?
Ma sopratutto, perché questa esperienza non sembra porti ad un senso di empatia verso le persone che subiscono, o
fuggono da, situazioni di morte e di distruzione organizzata?
Viceversa, si rafforzano i confini, economici e politici, sull’onda di un aumento dell’intolleranza, mentre in
paesi lontani l’aggressione è il solo mezzo utilizzato per la risoluzione dei conflitti, spesso in spregio alle leggi
internazionali.
La politica interna dei capi di governo in Occidente è tutta concentrata sui temi della sicurezza pubblica, mentre la sfida storica più grande che si trovano a fronteggiare è in realtà quella sull’insicurezza economica, se non la miseria, che colpisce un numero crescente di cittadini.
Davanti agli attacchi terroristici, i capi di governo promettono di mantenere la democrazia, che sta mostrando segni di debolezza, e di proteggere lo stile di vita occidentale che, stranamente però, più che dal terrorismo, è minacciato dalla sua intrinseca insostenibilità economica e ambientale.

Terror killings

Any and every killing of humans by humans is an abhorrent act of terror.
However, we have created a global culture about killing that is dangerously detached.
For example, a person using a car and knife to kill four others, and lead to his
shooting, brings great London to the world’s attention, and to a halt.
Meanwhile, thousands of bombing missions, the killing favoured by technologically advanced governments, go
largely unanalysed and unfelt.
How is it that a lone and most likely deranged person strikes such profound and widespread fear that momentarily
shocks the comfort of routine Western life?
And yet this experience does not appear to provide a basis for empathy to the many subjected to, or fleeing, organised death and destruction.
Instead borders, economic and political, are being tightened as intolerance heightens and in far away places military
aggression is de rigueur for conflict resolution often with disregard to
international law.
At home government heads strenuously stand in defence of public safety at a time when Western governments’ biggest
historical challenge is the economic insecurity and misery faced by increasing numbers of their citizens.
They vow to uphold their democracies, that are showing signs of frailty, and to protect their way of life, which
strangely enough is threatened by its inherent economic and environmental unsustainability.

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Nuovo Paese Marzo 2017

NUOVO PAESE – March edition
EDITORIALE/editorial (english follows)
La ricchezza umana
Karl Marx non poteva immaginare lo sviluppo, utilizzo e conseguenze della tecnologia informatica anche se la
sua profonda e sensata analisi della natura del capitale e le vie dello sfruttamento applicato dai potenti su altri esseri umani rimane illuminante.
Tutt’ora ci aiuta a capire sia il cattivo potenziale della concentrazione della ricchezza che il suo efficace intreccio con la capacità umana per crudeltà.
Però, l’alienazione subita dai lavoratori che Marx aveva identificato, come risultato dalla progressiva distanza dall’individuo dalla sua indipendenza di pensiero e azione e dalla sua identità centrale come individuo sociale, rischia di presentare nuovi e più potente ostacoli nella lunga marcia dell’emancipazione umana.
Non soltanto aumenta lo distacco dall’individuo dai mezzi necessarie per procurarsi gli elementi essenziali per la sopravvivenza (il quale esempi chiave sono la precarietà del lavoro e la disoccupazione) ma si rischia uno stile di vita che offre meno occasione di aggregazione.
E, come Marx notava, è più probabile che l’individuo è il prodotto della sua ambiente che il risultato di una cosciente scelta di come vorrebbe essere.
La facilità che offre l’internet e social media presenta un prospettivo pericoloso se condiziona l’individuo di essere sempre meno capace o disponibili alle rapporti di faccia a faccia che sono sempre più indispensabile per quelle dinamicità sociale in grado di misurare le scelte per il bene comune.
Uno di questo bene comune molto contestato è l’espropriazione dell’individuo dalla considerevole ricchezza, produttività e tecnologia che non è state mai così abbondante e che è il risultato di un’accumulazione e evoluzione collettivo.
Cioè, la ricchezza di Bill Gates e Mark Zuckerberg, come tutti gli altri ricconi in altri settori, si è costruita sulle spalle di altri innovatori precedente e lo sforzo di lavoratori che oggi servano di meno, e fra poco di niente, per lavori tradizionale delle economie agricole e industriale.
Questo dovrebbe aprire una nuova stagione di libertà per l’essere umano cominciando con il reddito di cittadinanza, invece dell’attuale diffusa precarietà e angosce.

EDITORIAL

Human wealth
Karl Marx could not have imagined the development, use and impact of information technology even though his deep and meaningful analysis of the nature of capital and the exploitative ways of the powerful over others remains illuminating.
It still helps us to understand both the negative potential of wealth concentration and its effective coupling with human capacity for cruelty.
However, the alienation suffered by workers that Marx identified as the result of detachment from independent thought and action and from the individual’s core social identity, is likely to be compounded by new and more powerful obstacles towards progressive human emancipation.
This includes increasing difficulties in accessing resources essential for survival (job insecurity and unemployment are part of this) and lifestyles that offer less chance for people coming together.
As Marx noted, it is more likely that individuals are a result of their environment than of how they may want to be.
The facility and promise of the Internet and social media hold a risk if the individual becomes less able or available for face-to-face relationships that are increasingly essential for the social dynamisms that can assess choices for their good common.
A contentious common good is the fair sharing and use of the unprecedented collective wealth, productivity and technology from accumulative and evolving processes.
The ultra wealth of people like Bill Gates and Mark Zuckerberg has been built on the shoulders of previous innovators and workers, who are needed in less numbers, if at all, in traditional agricultural and industrial economies.

This should open a new era of freedom for the human beings, starting with a guaranteed basic income for all, instead of the widespread insecurity and anguish.

NP marzo 17

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Nuovo Paese – il numero di gen_feb 17

NUOVO PAESE – il mese di gen_feb 17

Tra finto e falso (English version follows) 

Non sappiamo fino a quando come NP riusciremo a continuare con questa impresa di informazione e di opinione – ma sopratutto politico-sociale – non per mancanza di impegno o convinzione, ma per questione di costi.

In un’epoca e in una cultura fortemente globalizzate e conformiste, la presenza di voci rigorosamente indipendenti, insieme all’espressione delle varie componenti sociali, è indispensabile per controbilanciare le pratiche pervasive di un’informazione che tratta le grandi questioni che riguardano l’umanità come  se fossero questioni di pubbliche relazioni o, addirittura, sotto forma di  “bufale”.

Dobbiamo riconquistare la tutela di ciò che è esssenziale per una vita dignitosa e per la sopravvivenza della Terra come pianeta ospitale per tutte le forme di vita. Non bisogna lasciare che conquiste fondamentali ottenute dalle lotte durante la rivoluzione industriale si dissolvano nel gran mare della disuguaglianza, che è il processo sociale ed economico che si sta globalizzando più efficacemente rispetto a tutti gli altri.

Questo cammino umano è reso ancor più difficile dalla diffusione di notizie false, come quelle utilizzate per far la guerra contro l’Irak o per vantare i mitologici benefici di un’economia privatizzata.

Non c’è da meravigliarsi del disorientamento e della disgregazione dell’unità politica che si sta verificando sopratutto in Occidente, un’area  che a partire dal secondo dopoguerra sembrava aver omogeneizzato la sua cultura e – per dirla in termini gramsciani – diffuso la sua egemonia a livello globale.

Un esempio lampante di questa situazione è la recente accusa americana alla Russia di aver interferito nelle elezioni americane vinte da Trump attraverso la diffusione di informazioni false.

Non una battuta, ma un’accusa diretta e chiara, priva di qualunque senso dell’ironia, considerata la lunga storia di interferenza americana, diretta e indiretta, in parecchi paesi sovrani. Senza considerare il fatto che gli USA negli ultimi anni hanno perfezionato le tecniche di “cambiamento di regime” così bene, che i tempi in cui si faceva tutto attraverso lo spionaggio, per evitare accuse di operare contro le convenzioni internazionali, sono lontani.

Oggi bastano notizie finte o false, diffuse strategicamente, per giustificare quello che una volta non era giustificabile.

Between fake and false

We don’t know for how long as NP we can continue with this enterprise of information and opinion – but above all political and social. However, this will depend on costs and not on lack of effort or belief.

The presence of independent voices are essential to counter the public relations and spin that are used to mediate humanity’s big issues within a highly globalized and conformist culture.

We must safeguard what is basic to a decent life and for the survival of Earth as a planet hospitable for its life forms. We must also avoid that the fundamental rights from industrial revolution struggles dissolve in the sea of inequality – the social and economic phenomenon that is being globalized more effectively than any other.

Human progress is being made even more difficult by the spread of false information, such as that used for arguing war against Iraq or to boast the mythological benefits of a privatized economy.

It is therefore no surprise the disorientation and disi
ntegration of political unity that is occurring particularly in the West that since WWll seemed to homogenize its culture; or put in Gramscian terms, achieve global hegemony.

A striking example is the recent US claim that Russia interfered in the election won by Trump through the dissemination of false information.

The claim was made without any sense of irony, given the long US history of interference, direct and indirect, in several sovereign countries.

It also ignored that the US in recent years have perfected “regime change” so well that the days of espionage and covert operations, to avoid accusations of acting against the international conventions, are history.

Today, fake or false news, spread strategically, can justify what was once unjustifiable.

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